Di Alberto P. Schieppati
Presentato a Milano l’ultimo Champagne della Maison, la Grande Dame 2006, protagonista di un percorso di valorizzazione delle donne chef italiane.
Nel mare di eventi delle ultime settimane, uno spicca su tutti per lo stile e il carisma dei protagonisti e, diciamolo, delle protagoniste. Palazzo Clerici, a Milano, è stato il teatro di una serata memorabile, in cui la Maison Veuve Clicquot, brand del Gruppo LVMH, ha svelato grandi progetti, che si sviluppano su più fronti diversificati. Tutto parte dalla scelta di valorizzare ulteriormente uno Champagne già di per sé prezioso, la Grande Dame, ovvero la Cuvée de prestige della Maison di Reims, presentata nei suoi millesimi più eccelsi, a partire dal 2006, da oggi presente sul mercato. La seconda importante notizia va di pari passo con la prima: Francesca Terragni, Direttore Marketing e Comunicazione di Moet Hennessy Italia, la massima autorità per i prestigiosi brand delle Maison del gruppo LVMH sul mercato italiano, ha annunciato la nascita dell’Atelier des Grandes Dames, un progetto di comunicazione del valore delle chef italiane più capaci e professionali, impegnate in prima persona nella linee di cucina di altissima qualità. “L’idea è nata dalla constatazione obiettiva del valore ricoperto dalle donne-chef sullo scenario italiano dell’alta ristorazione”, ha sottolineato, dati alla mano, Francesca Terragni durante la presentazione dell’evento. La serata era partita molto bene, con una degustazione verticale che ha consentito a pochi fortunati giornalisti e wine writer di apprezzare La Grande Dame, in bianco e in rosa, con otto bottiglie di annate sorprendenti. Ha aperto le danze la Grande Dame 2006, assemblaggio esclusivo di otto Grand Cru storici: Ay, Bouzy, Ambonnay, Verzy per il Pinot Noir (53%); Avize, Oger e Le Mesnil-sur-Oger per lo Chardonnay (47%). Dominique Demarville, il celebre Chef de Caves di Veuve Clicquot, ha condotto la degustazione con la consueta perizia, ma anche con la passione di chi, quelle parcelles, le conosce perfettamente una per una. Dominique è in Veuve Clicquot dal 2006 e si occupa di ogni aspetto della produzione: dall’approvvigionamento delle uve all’assemblaggio, dalla supervisione del vigneto a tutte le pratiche enologiche. A lui spetta il compito di tramandare il carattere distintivo dello Champagne, a lui la responsabilità di far vivere nel tempo lo spirito complessivo della Maison. Nelle mani di Dominique si sposano in modo perfetto heritage e innovazione, le nobili tradizioni del passato e l’audacia indispensabile per guardare al futuro, mantenendo integra nel tempo l’identità di Veuve Clicquot, una Maison che ha sempre fatto dell’eccellenza il proprio credo. Secondo la filosofia di Dominique, i territori della Champagne sono in grado di offrire ai vini elementi di raffinatezza e complessità, capaci di farne prodotti unici e caratterizzati. E su questo si deve lavorare, per arrivare agli assemblaggi migliori, anzi, perfetti. L’assemblaggio delle uve di diversi appezzamenti, provenienti dai Grand Cru storici, si deve tradurre in eleganza, passione, creatività, sempre coerenti con la qualità e lo stile della Maison. Obiettivo raggiunto. La dimostrazione concreta di questa eleganza emerge netta nella Grande Dame 2006, il nuovo vintage (sboccatura gennaio 2014) immesso ora sul mercato. Colore intenso, con bagliori dorati e perlage fine ed esuberante, rivela al naso un sottofondo salino e minerale, seguito da decisi aromi floreali, note di frutta fresca (pesca, pera), di nocciola abbrustolita e mandorle tostate. Agitando leggermente il bicchiere, il bouquet diventa ricco e voluttuoso, con chiari sentori di brioche, torrone, ginger e conserva di limoni. Al palato, la Grande Dame 2006 è rotonda e corposa, con una struttura fresca e setosa, di grande eleganza e pulizia: la mineralità del gesso risuona con vivacità e dà una sensazione di croccantezza, contribuendo a creare un lungo finale. Un’annata complessa, un millesimo importante: uno Champagne, intenso e fascinoso, destinato a abbinamenti gastronomici con piatti delicati, anche cremosi. Un prodotto che conferma quanto sia acuminato e assiduo il lavoro di ricerca di Dominique Demarville, incentrato sulla esaltazione esclusiva delle uve provenienti dai Grand Cru della Champagne. Ma quanto sia anche fondamentale il corretto posizionamento sulla fascia alta del mercato, come sottolinea Francesca Terragni. La verticale guidata dallo Chef de Caves è poi proseguita con altri tre rari millesimi: 1998, 1989, 1976, annate memorabili che hanno visto il Pinot Nero presente in percentuali leggermente superiori rispetto al 2006. Grande Dame 1998 (64 % Pinot Nero, 36% Chardonnay) ha rivelato una incredibile finezza, rilasciando al naso sentori floreali e minerali e, in bocca, fragranze di frutta candita, agrumi e mandorla dolce. Una complessità aromatica notevole, perfettamente equilibrata grazie alla franchezza e alla purezza al palato, combinate a una morbidezza vellutata. Il 1989 (60% Pinot Nero, 40% Chardonnay) segna il ritorno alle annate calde e assolate, come quelle leggendarie del 1945, 1959, 1964. Non a caso, la Grande Dame 1989 ha un magnifico colore verde-oro brillante e un perlage particolarmente fine e persistente. Al naso denota complessità e raffinatezza. Dopo le prime impressioni di freschezza floreale, subentrano successivamente aromi più caldi di brioche e fiori secchi, che donano al prodotto una morbidezza spiccata. Al palato, l’89 evidenzia una rara eleganza: aromi di fiori, frutta bianca e agrumi esprimono un mosaico di profumi freschi e pieni. Come sottolinea Dominique, la Grande Dame 1989 è ideale come aperitivo. La Grande Dame 1976, invece, ha retto molto bene al peso degli anni (quaranta non sono pochi): bel colore, sostenuto, con riflessi dorati. Il naso è ancora intenso, tendente vagamente al metallico: ma emergono anche frutta secca, tiglio, miele. Elegante, ha un gusto ampio e leggermente “viscoso”, ma equilibrato, con finale lungo e una texture che rimanda a certi vini liquorosi. Un quartetto di Champagne intriganti e “contemporanei”. Lo stesso concetto di modernità emerge dalla successiva verticale di Rosé, iniziata con lo straordinario Grande Dame 2006, coetaneo del precedente. Il 2006 Rosé ha colpito tutti per l’intensità del colore, per i suoi riflessi ramati, ma anche per il perlage fine ed esuberante: grande salinità al naso, seguita da note floreali (frutta a bacca rossa, ciliegie, fragole di bosco) e aromi di nocciola tostata, fave di cacao e spezie dolci. In bocca, il vino è rotondo e corposo, con una struttura fresca e setosa, con tannini giustamente presenti che invitano all’abbinamento con piatti ricchi di consistenza, che lo possano far risaltare nella sua pienezza. Dal finale lungo e avvolgente, Grande Dame 2006 (60% Pinot Noir, 40% Chardonnay) si presta a lungo invecchiamento. E a un grande futuro sui segmenti alti del mercato. La Grande Dame 2004 è un altro capitolo a sé: le eccezionali condizioni climatiche del settembre di quell’anno, consentirono alle uve di maturare in modo ottimale. “La vendemmia – sottolinea Dominique Demarville – aveva portato uve eccellenti, belle e sane”. Il colore è luminoso, rosa ramato brillante, con riflessi ambrati. Perlage abbondante e fine, con bollicine che si dispiegano leggere e formano arabeschi graziati. La trama minerale è netta, il fruttato di grande intensità. Anche qui emergono sentori di brioche, torrone, cannella, amarena. Al palato il gusto è pieno e tondo, la consistenza croccante e setosa; la nota finale è fresca, generosa, e lascia intuire un dosaggio leggero che non disturba l’equilibrio naturale del vino. Gli altri due millesimi degustati, il 1998 e il 1989, hanno confermato come da assemblaggi di uve provenienti da Grand Cru escano degli Champagne da urlo. Grande Dame 1998 (64% Pinot Noir, 36% Chardonnay), ha colore brillante e limpido, fra il rame e il salmone. Al naso, emergono sentori di fruttato e speziato con, in filigrana, una mineralità ben distinta. All’aerazione, le note fruttate rivelano una grande complessità aromatica che, al momento della degustazione, lascia emergere aromi di visciola, di more e di gelatine, il tutto avvolto da una fragranza di vaniglia e spezie. La grande potenza olfattiva di Grande Dame 1998 è mitigata e equilibrata da una straordinaria freschezza. Anche la Grande Dame 1989 (60% e 40%) rimanda alle annate calde e assolate che hanno contraddistinto la stessa annata in bianco: il colore è caldo, rosa ramato con riflessi dorati. Il bouquet è intenso, dapprima fruttato, poi tostato, leggermente grigliato, comunque sempre elegante e raffinato. “Lo stile dell’annata 1989 – continua Dominique Demarville – è particolarmente evidente in bocca; il vino sfoggia una deliziosa rotondità e una incredibile concentrazione di aromi, su cui prevalgono fiori rossi maturi”. Otto Champagne di grande stoffa, bottiglie preziose che raccontano agli appassionati il valore e l’unicità dei Grand Cru selezionati dalla Maison di Reims con sapienza e stile, andando a individuare per queste Cuvée le uve più adatte, in una parola perfette. “Lavorare con la natura fa stare con i piedi per terra” sostiene Demarville con chiaro riferimento alla sua “visione” della vinificazione. E, grazie a questa capacità di ascoltare la natura, Dominique è pienamente in accordo con il celebre motto di Madame Clicquot: “Una sola qualità, la migliore”. Principio al quale sicuramente si ispirano anche le quattro donne chef prescelte per la cena, abbinata a Grande Dame 2006: Aurora Mazzucchelli, del Marconi di Sasso Marconi (Bo), Isa Mazzocchi, de La Palta di Borgonovo Val Tidone (Pc), Fabrizia Meroi del Leite di Sappada (Bl), Marianna Vitale, del Sud di Quarto (Na). Il quartetto di professioniste, espressione talentuosa dell’alta ristorazione italiana, con le loro creazioni gourmet (tre piatti a testa, proposti durante la serata), ha dimostrato grandi capacità di creazione culinaria, in una logica di abbinamento perfetto con Veuve Clicquot Grande Dame. L’Atelier des Grandes Dames, destinato a coinvolgere in un viaggio ideale i talenti femminili dell’alta cucina italiana, non poteva partire meglio. Con eleganza, stile e raffinatezza.
(foto 2 e 3: Lyle Roblin)
© Artù